giovedì 23 giugno 2011

Me, myself and I

Succedeva che spesso mi trovavo a parlare da sola.
Di piccolina parlavo con "la mia amica Luca", una specie di angelo custode - barra - amica immaginaria. Lo so, il nome era da maschio, ma lei era una femmina. Aveva anche tutta una suo storia, tragica, tra l'altro. Con lei io ci parlavo e ci giocavo, poi a tre anni ha smesso di farmi visita. O per lo meno, io ho smesso di interagirci.
Per un bel pò non ho più avuto nessuno. Poi mi sono inventata una sorta di vita parallela. Rilasciavo interviste, parlavo per ore da sola e fanatsticavo sulla mia doppia identità di personaggio famoso.
Ho smesso anche in questo caso.
Un pò più da grandicella ho sempre continuato a parlare da sola. A volte mi attaccavo al citofono facendo finta di parlare al telefono. E parlavo, raccontavo, dicevo.. Poi mi sono accorta che forse la gente che passava sotto casa poteva sentire tutto e ho smesso.
Ma non ho mai smesso del tutto di parlare con me, di confidare a qualcuno di impalpabile quello che pensavo sul serio. Svelavo al Nulla cose che agli altri non avrei mai potuto dire. L'aria ha sempre avuto il ruolo di psicologa, che nel suo stare in silenzio mi alleggeriva da segreti e percezioni.
Parlavo da sola, ma senza vergognarmene e senza neanche quasi accorgemene.
Poi, d'un tratto ho smesso. Ora lo faccio solo in situazioni di panico, ma non parlo veramente da sola, di solito mi rivolgo direttamente a me stessa, chiamandomi per nome.
L'altra sera però, passeggiando col mio cane nelle strade deserte del mio paese, ho avuto un pò la nostalgia dei miei amici invisibili. Avrei voluto raccontare al sole che tramontava come mi stanno andando le cose, come vivo adesso e come sto. Ma no, sono stata zitta e ho pensato solo che a volte mi manco.

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